Il primo trattamento in caso di instabilità del rachide è quello conservativo, mediante terapia farmacologica (antidolorifici, miorilassanti, neurotrofici) e riabilitativa (mediante cicli ripetuti di fisioterapia, stretching e rinforzo muscolare).
Nel caso il tentativo conservativo non vada a buon fine si può prendere in considerazione l'intervento chirurgico.
L’intervento consiste nella stabilizzazione vertebrale mediante viti peduncolari, che vengono inserite nel corpo vertebrale, le cui teste sono connesse tra di loro mediante barre in titanio ed eventualmente nel posizionamento di uno spaziatore (cage) nello spazio discale; quando sono presenti sintomi radicolari è indicata anche una decompressione del canale vertebrale (laminectomia).
Si tratta di interventi molto sicuri effettuati in anestesia generale con l’ausilio dei controlli radioscopici e del monitoragggio neurofisiologico intraoperatorio che confermano al neurochirurgo il corretto posizionamento dei mezzi di sintesi conservando l’integrità delle strutture nervose.
Dopo l’intervento il paziente viene fatto alzare in seconda giornata e dimesso dopo quattro giorni. Egli può riprendere subito una normale attività evitando grossi sforzi per circa 2 mesi. E’ fondamentale, dopo quindici giorni dall’intervento, che il paziente intraprenda un percorso fisioterapico intenso (massoterapico e di rieducazione posturale) al fine di un soddisfacente risultato post-operatorio.
Dopo 3 mesi è possibile il ritorno all’attività sportiva.